Sui ponti l’inizio ricorda la fine… [della raccolta poetica «La lingua della città»] – III – Selezione di poesie di Mara Venuto

Sui ponti l’inizio ricorda la fine… [della raccolta poetica «La lingua della città»] – III – Selezione di poesie di Mara Venuto

Sui ponti l’inizio ricorda la fine… [della raccolta poetica La lingua della città] – III – Selezione di poesie di Mara Venuto

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Sui ponti l’inizio ricorda la fine… [della raccolta poetica La lingua della città] – III – Selezione di poesie di Mara Venuto

La lingua della città vibra liricamente in un controcanto, elegia dolente che filtra con la voce bassa e sussurrata nella tenerezza di innocenze perdute e rimpiante, stati di orfanità a cui si giunge per la povertà e le morti, ma anche per la scissione del legame con i luoghi. Il distacco dall’innocenza si carica qui di una doppia irreversibilità, non solo il tempo che trascorre e muta tutto, ma anche i luoghi muoiono preda della stessa reificazione di cui sono vittima gli esseri umani, reificazione che toglie loro l’anima antica e nuova. […]

Entriamo nelle dicotomie di un dramma intimamente vissuto, in un percorso di conoscenza che si dispiega a partire dalla perdita dello stato di grazia ingenuo e paradisiaco dell’infanzia, momento di spontaneo e stupito legame con l’immanente bellezza dei luoghi. Abbandono, perdita, mancanza sono i segni con cui la lingua della città ci scortica la pelle, i suoni di un dire abraso di ruggine e ferraglia che ci passano per la gola e raschiano le pareti dello stomaco, la resa di Mara Venuto è plastica, leggendo viviamo anche noi in maniera viscerale il malessere della città di Taranto.

Cristina Polli

[dalla recensione su Poetarum Silva]

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Mara Venuto [Fotografia di Eugenio Schirone]

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Una linea orizzontale dove siedono
demoni e viole al fronte,
il cielo di luglio è un colpo di baionetta
una ferita nelle mani dei pescatori.

Le voci intrecciano nasse come cantilene,
le lingue gridano all’acqua di battezzare le corde
affilati richiami alla memoria del grembo.

*

Mordere la corda fino a sentire il sapore
vedere un ramo e sopra un carpello
ruminarsi in bocca la fame
e bere dalle proprie orme.

L’alba degli operai è la notte di tutti i santi
evocare la nascita, non pensare al tempo,
urinare adolescenti dall’alto di un muro
tra cespugli di rovi e un altare di macchine
oltre, dove non è più niente.

*

Lo stridore sulle rotaie è la lingua dei viventi,
sotto il carrello di ruggine pesa il transito più delle ossa.
I morti fanno paura, sono l’ombra dei dimenticati
riposano dove non sentono e non sono uditi,
lo spazio della terra è stretto, quanto il braccio di un bambino nudo.

L’aria che passa insinua la fede, è calore d’acqua sulla fronte
in inverno ghiaccia lo scirocco, il sudore è una colpa
sui pezzi di acciaio a specchiarci come non siamo.

*

*

Estranea langue la palude,
il ventre di una madre sfatta
un bolo nativo sotto i cannizzi.

Della città amiamo gli argini, amiamo i fossi,
acque che non vanno da nessuna parte e da nessuna
parte ci strappano.

*

Una casa in rovina è nostra madre,
graffi frammenti buchi
alla tavola della bellezza.

È in trono una madonna sul lungomare
e noi piccoli, crediamo alle altezze
alle bocche ridenti.

Salomé aveva torto, lo capimmo tardi,
gli occhi sono grandi, atroce la colpa.

La città mi consola,
è lieve la fame di inutile,
l’alito acerbo della tenerezza, un grumo
sul ventre di una gatta sporca.

Venisse il tempo a lenire
i disegni dalla polvere dei gessi,
un lavoro da bambini
dove i bordi non tengono più le voci.

*

Dimentichiamo i muri rotti, le ferite della città,
i capelli d’erba che nessuno ha strappato dai buchi,
le croste sui moli, l’acqua salata
una disinfezione dei viventi.

Dimentichiamo i cieli lividi la sera
la luce delle meccaniche umane i lampioni
e la pallida sicurezza, un pugno di ore al riparo
dal sole calmo ingannevole.

*

Non c’è verso che possa unirmi alla città
in sillabe che finiscono. Inutile esercizio
le poche parole della mia vigliaccheria,
incapaci a dire ciò che si dovrebbe,
un respiro senza affanno. Mi ricordo
quando all’alba tornavamo al porto,
vagoni con l’innesto di acciaio al corpo della madre.
Le rotaie della ferrovia le vedevamo dall’alto,
braccia e gambe torte, le membra di un’anima
che vanno staccandosi. Anni ci sono dovuti
per sentirci interi, e non eravamo più noi,
eravamo altri.

*

*

Sui muri della città è scritta la nostra voce
l’eco è un’ombra d’acqua alla resa,
l’ascoltano i vecchi per farsi ragione
a ogni altro pare un invisibile fermento
che di notte partorisce eroi.

Nel sonno la luce fredda sui balconi
è una proiezione di capelli virginali,
una madonna s’abbandona sorretta al sale marino
ma nessuno la prega.

Fedeli ai riti viscerali i nodi invisibili
scendono nell’esofago e raccontano la vita così come è,
una trama stoica di anni minuti.

*

*

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Mara Venuto è nata a Taranto, vive a Ostuni. Tra le sue pubblicazioni: i monologhi teatrali Leggimi nei pensieri (2008) e The Monster (2015, testo finalista al Mario Fratti Award 2014 di New York per la drammaturgia italiana); le raccolte poetiche Gli impermeabili (2016, menzione di merito al Premio internazionale Piero Alinari 2014) e Questa polvere la sparge il vento (2019, opera segnalata al Premio Bologna in Lettere 2018 – Sezione Raccolta inedita di poesie; menzione speciale al Premio Internazionale di Poesia Don Luigi Di Liegro 2020 – Sezione Raccolta edita di poesie).
Ha curato e pubblicato numerosi altri volumi, tra cui un ciclo di pubblicazioni al femminile.

Sue poesie sono state tradotte e pubblicate in polacco, inglese, russo, hindi, albanese e spagnolo.
È inclusa in una trilogia di monografie dedicate alla poesia italiana femminile contemporanea
(Macabor Editore, 2017).

È stata ospite di Festival internazionali di Poesia, tra cui il IX Festival di Poesia Slava a Varsavia nel 2016. Il prossimo 1-3 ottobre 2021, prenderà parte alla XVI edizione della Trireme della poesia ionica (Trirema e poezisë Joniane) a Saranda, in Albania.

Suoi testi e corti teatrali su tematiche sociali – The Monster; Gli Eroi; Faith; Zitti zitti; Miché; N.N.; Gli Argini di Spoon River – sono stati premiati in ambito nazionale e internazionale e rappresentati con buon riscontro di pubblico e critica.

A fine maggio 2021 è uscita la sua ultima raccolta poetica La lingua della città (Opera segnalata al Premio Bologna in Lettere 2020 – Sezione Raccolta inedita di poesie) nella collana Letture meridiane diretta da Eleonora Rimolo per Delta3Edizioni.

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Mara Venuto

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Nota

Mara Venuto. La lingua della città. Delta 3 Edizioni [Coll. Letture Meridiane], Grottaminarda [Avellino, Campania],

2021. ISBN: 978-88-6436-895-5 .

Categories: Literatura

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