Pianse la vite
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Pianse la vite.
Le urla del gigante
assillarono a tal punto le nostre mani
che scappammo verso terre,
terre di Demetra,
arcaiche terre.
Dionisiache notturne
note musicali
spensero la notte
nell’ebrezza della spensierata
preoccupazione.
Scorreva la vertigine
voragine in origine
e mi isolai nel roccioso verde solare
e solo
rimasi ad aspettare
incapace di continuare.
Pianse la vite,
fu tanto intensa la luce
che all’ombra d’un canto
armonioso, trovammo conforto
in un colloquiale
dialogo fraternale.
Rapito da un azzurro sorriso
a un tulipano chiesi il nome,
e quel nome fu amore
un amore mai nato,
ricordai solo il candore
d’un fruttifero bianco
fiore.
Quelle mura di passione,
castello abbandonato
dall’era dell’onore,
il sole sfumava il verde,
un grigiore di luce pullulava le montagne
e mentre sbandierava tricolore il sentimento
il castello, lontano, nostalgico
ci portò altrove.
Cima massone
cipresso visione
l’indecisione degli olivi
nuovamente
ci portò altrove.
I demoni di San Martino
erano ariani olivi
e il cipresso silenzioso
emanò colori vivi.
Cime innevate
dal tramonto dei violini,
violenza nutrimento
d’un antico incantamento,
camminammo verso l’ignoto,
figli d’un orgasmo
rinnegato, cosmo, chiamato.
L’arco scoccò una freccia
dalla mano d’un mistero,
lascivo il pensiero s’interdette
con la roccia e con la morte
e parlò
e parlarono
come chi d’avviso accolto
stimando i silenzi
come lacrime di sassi
pietrificò la brezza,
errammo osservando quei pensieri
e capimmo che un pensiero
talvolta, pesa più di una montagna.
Ognuno nella sua dimora,
tornammo a salutare
il gigante, che ora forse
con scherno ed ironia
poi, così gigante non era.
Arco, Trento. 22 aprile 2018
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“L’essere è sempre l’essere di un ente. La totalità degli enti, secondo i suoi diversi domini, può divenire il campo di ostensione e di delimitazione di particolari ambiti di cose (ad esempio la storia, la natura, lo spazio, la vita, l’Esserci, il linguaggio) i quali possono essere tematizzati come oggetti delle corrispondenti ricerche scientifiche. L’indagine scientifica compie la demarcazione e la prima fissazione degli ambiti di cose in modo ingenuo e grezzo. L’elaborazione dell’ambito nelle sue strutture fondamentali è in certo modo già compiuta dall’esperienza prescientifica e dall’interpretazione del dominio ontologico in cui l’ambito di cose rientra. I «concetti fondamentali» che me scaturiscono restano il filo conduttore iniziale per una prima concreta apertura dell’ambito. Anche se l’importanza della ricerca sta sempre in questa positività, il suo autentico progresso non si realizza tanto accumulando risultati e conservandoli in «manuali» quanto piuttosto interrogandosi circa la costituzione fondamentale dei singoli ambiti, e tale interrogazione nasce per lo più come reazione a questa accresciuta conoscenza delle cose.”
Martin Heidegger, Essere e Tempo.
Poesia… poesia intesa come incontro tra essere ed ente. Questa poesia (se così si può considerare) è, come già definì in passato, un vissuto poetico-empirico, trascendentale dell’immanenza. Quando questi due mondi si scontrano e si abbracciano nasce la poesia. Questa esperienza trascendentale va collocata e precisata, infatti avvenuta ad Arco in provincia di Trento nel mese di aprile dell’anno 2018. Esistono parti reali di fatti accaduti e altri invece formano parte di esperienze viste dall’osservatorio dell’anima, ne è l’esempio nei versi “I demoni di San Martino / erano ariani olivi /e il cipresso silenzioso / emanò colori vivi.” Cito precisamente questi versi affinché non nascano interpretazioni equivoche riguardo l’accostamento di determinati termini.
Vorrei inoltre finire questo articolo citando e ringraziando i compagni di viaggio di questo pellegrinaggio interiore, senza di loro non sarebbe stato possibile questo articolo, questa poesia: Marco Ghayouri, Davide Michielan e Raffaele Petrigliano.
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